- Regolamento Ricerca scientifica
- Regolamento Attività video-fotografiche
- Alberi
- Arbusti
- Fiori
- Muschi
- Licheni
- Funghi
- Piazze
Simbolo dell'Abruzzo, l'Orso bruno marsicano è una sottospecie differenziata geneticamente dagli orsi delle Alpi (ed europei) e dunque rappresenta un endemismo esclusivo dell'Italia centrale. Presente oggi solo nell'Appennino centrale con una piccola popolazione che ha subito negli ultimi 2000 - 3000 anni un considerevole restringimento del proprio areale e un prolungato periodo di isolamento che ne ha determinato una significativa differenziazione genetica, morfologica e comportamentale rispetto alle popolazioni di orso dell'arco alpino e del resto d'Europa. Pertanto, ad oggi, l'orso marsicano viene considerato una unità evolutiva a sé stante con caratteristiche unicità da conservare come tali. E' ormai largamente accettato infatti che, nonostante la affinità genetica con le popolazioni della specie distribuite nell'Europa del sud, si tratti a tutti gli effetti di una sottospecie, come attestato da recenti studi di morfometria cranica.
Anche in virtù del suo status tassonomico ed evolutivo tale specie è fortemente tutelata da direttive internazionali, mondiali europee e da normative nazionali.
Riproduzione
Gli orsi si riproducono con ridotta frequenza, a causa del notevole investimento parentale: le femmine partoriscono la prima volta non prima di 4-8 anni di età, le cucciolate in media non hanno quasi mai più di 2-3 cuccioli e l'intervallo tra parti successivi è compreso fra 3 e 5 anni. Quindi è possibile che 3-4 cucciolate in tutto siano prodotte da una femmina nella sua intera vita (circa 6-8 cuccioli, se sopravvivessero tutti), ipotizzando comunque per le femmine alti tassi di sopravvivenza. Ogni volta che si perde una femmina non si perde soltanto un orso, ma più di una generazione di orsi.
Alimentazione
Anche se da un punto di vista ecologico l'orso non è un carnivoro obbligato e ha una dieta onnivora se non marcatamente vegetariana (i vegetali rappresentano circa l'80% della sua dieta). La sua dieta, comunque, varia di stagione in stagione, a seconda delle disponibilità delle risorse alimentari presenti (erba, bacche e frutti di bosco, insetti e larve, miele, carcasse di animali). Dal punto di vista sistematico è un carnivoro a tutti gli effetti e condivide, con gli altri grandi carnivori, un recente passato evolutivo e molte caratteristiche essenziali della sua biologia, a partire dalla dentizione.
Esigenze Ecologiche
La specie ha bisogno di ampissimi requisiti spaziali (fino a 300 km2 nel caso di maschi adulti nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise) e vive a basse densità di popolazione. E' estremamente vulnerabile a qualsiasi forma di disturbo e a livelli anche minimi di mortalità causata dall'uomo. Inoltre ha la tendenza a determinare situazioni di conflitto con l'uomo. Tutto questo fa della tutela dell'orso una delle sfide di conservazione più imponenti.
Caratteristiche Bio-Eco-Etologiche
Riproduzione:
E' definito una specie poco resiliente, ovvero che difficilmente riesce ad adattarsi ai cambiamenti, specialmente se causati dall'uomo, che interessano il proprio ambiente. E' vincolato dalla necessità di potersi alimentare con risorse molto abbondanti e di alta qualità (elevato contenuto nutrizionale ed energetico). Vive a basse densità e le femmine, che si riproducono poche volte nell'arco della loro vita, non sono quindi in grado di compensare con le nascite gli eccessivi livelli di mortalità a cui la specie è suscettibile. Oltre a ciò, gli orsi si allontano con difficoltà dalle aree comunemente frequentate una volta individuate zone sicure dove rifugiarsi, allevare la prole e trovare grandi quantità di cibo. Infine, mostra facili e frequenti conflitti con l'uomo e con le sua attività, poiché è anche fortemente abituato ad una stretta convivenza con l'uomo e le sue infrastrutture.
Vive solo nell'Appennino centrale, ad oggi presente con una popolazione estremamente ridotta da un punto di vista numerico, con un epicentro distributivo (core area o area storica di presenza stabile) all'interno del territorio del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) e nelle aree limitrofe.
All'interno della cosiddetta core area, le stime di popolazione prodotte rivelano una popolazione estremamente ridotta di circa 50 individui (dai dati dell'ultimo censimento su base genetica condotto nel 2014) nell'areale centrale di presenza, a densità biologicamente apprezzabili e tendenze numeriche pressoché stabili. Gli studi condotti, ad oggi, rivelano che ogni anno sono presenti da 1 a 6 femmine con piccoli e che si riproducono in media 3-4 femmine, con una produzione che va da 3 a 11 cuccioli per anno. Considerando le dimensioni della popolazione, non potremmo aspettarci valori maggiori. Questo buon livello di riproduzione, comunque ricade all'interno dell'intervallo atteso per il numero di femmine stimato e per gli intervalli riproduttivi osservati.
Ancora oggi la mortalità dovuta ad attività antropiche illegali rimane diffusa e gli sforzi di contrasto a tale minaccia messi in campo nei passati decenni si sono dimostrati sostanzialmente inefficaci. Tale mortalità indotta dall'uomo rappresenta indubbiamente la principale minaccia alla sopravvivenza della specie (considerando anche le ridotte consistenza e variabilità genetica della popolazione).
Dal 1970 al 2016 sono state rinvenute 118 carcasse di orso in tutta l'area centro appenninica con una media di 2,6 orsi/anno. Se si analizzano in dettaglio le cause di mortalità note nel periodo compreso tra il 2000 e il 2016, Più del 70 % è riconducibile a casi di bracconaggio o a cause accidentali collegate all'uomo.
In particolare si riportano casi di:
A queste va inoltre aggiunto il 27,6% di morte per cause naturali tra cui l'infanticidio o la predazione intraspecifica. È da considerare, tra l'altro, che in molti casi il rinvenimento di pochi resti non consente di determinare le cause della morte.
È importante sottolineare, in aggiunta, come tali valori debbano essere considerati come sottostime, in quanto basati sui soli orsi morti che sono stati effettivamente trovati - ad esempio, 5 dei 9 orsi morti tra il 2007 e 2009 sono stati recuperati grazie al radiocollare.
Questo ALTO livello di produttività non vuol dire necessariamente che la popolazione sia in uno stato di conservazione ottimale, considerando che nell'orso la mortalità nei cuccioli al primo e al secondo anno di vita è particolarmente elevata e che inoltre vi è una elevata mortalità anche per gli adulti; dagli anni '70 ad oggi, almeno 2-3 orsi ogni anno sono rinvenuti morti, la maggior parte per cause antropiche, di cui almeno 1 femmina adulta l'anno (dati, tra il 2011 e il 2016). Valore ancora troppo elevato per permettere una sicura ripresa demografica della popolazione che, nonostante i segni di ripresa degli ultimi anni, è considerata comunque ancora a forte rischio di estinzione. La numerosità della popolazione rimane infatti ancora esigua, con una alta densità limitata all'area di presenza stabile che vede il suo epicentro nel PNALM, con presenza molto più rarefatta nelle aree periferiche e perlopiù a carico di maschi erratici.
Ad ogni modo, si è in procinto di effettuare a breve un nuovo censimento su base genetica, che comprenda anche le porzioni periferiche dell'areale, a bassa densità di popolazione.
A proposito delle capacità di dispersione e di colonizzazione di nuovi territori, negli ultimi anni comunque è stato raccolto un numero crescente di segnalazioni di orsi anche al di fuori dell'area centrale di presenza della specie, nonostante esistano numerosi fattori che rendono questo processo apparentemente lento ed incerto e tra questi:
Si deve quindi auspicare una forte espansione numerica e dell'area di presenza stabile, che in ogni caso avviene in maniera graduale e in tempi medio-lunghi, sia a cause intrinseche, come quelle descritte in precedenza, più legate alle caratteristiche della specie, sia a cause ambientali e di interazione negativa con l'uomo in fasi critiche e in aree critiche. Inoltre, anche laddove esiste una elevata idoneità ambientale può contemporaneamente sussistere anche un elevato rischio di mortalità per cause antropiche e ciò porta al concetto di trappole ecologiche.
Negli ultimi anni ci sono evidenze di espansione demografica e territoriale per questa popolazione che appare numericamente stabile nelle porzioni centrali del suo areale, ma che mostra una presenza molto più consistente nelle aree limitrofe alla core area, nonché nelle aree più periferiche, in particolare (cosa fondamentale) anche a carico di femmine, che in alcuni casi si sono addirittura riprodotte ed hanno allevato i loro cuccioli al di fuori della storica area centrale, come le ormai famigerate Orsa "Peppina" (catturata anche nella Riserva, in collaborazione con lo staff del PNM) o come l'Orsa "Amarena".
In relazione alla possibilità di espansione la Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio, è considerata di importanza fondamentale per la specie proprio nella prospettiva strategica dell'espansione demografica e territoriale auspicata nel PATOM - Piano di azione per la tutela dell'orso bruno marsicano.
A partire dal 2012, infatti, l'aumento notevole del numero di individui che frequentano l'area della Riserva, corridoio fondamentale tra i Parchi nazionali d'Abruzzo, Lazio e Molise e Majella, è stato documentato e registrato dalla RMAM - Rete di Monitoraggio Orso bruno marsicano Abruzzo e Molise, istituita dall'autorità di gestione del PATOM, coordinata dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare, di cui la stessa Riserva fa parte. Si rileva infatti in queste aree, attualmente, una presenza non più sporadica ed occasionale ma stabile e di passaggio (in alcuni periodi dell'anno) e la presenza di oltre 15 diversi individui e almeno 3 femmine riproduttive, rappresentano di fatto un utilizzo sempre più significativo del territorio da parte dell'Orso bruno marsicano.
I dati in possesso della Rete di Monitoraggio quindi dimostrano e confermano il trend registrato negli ultimi anni e anche nel corso del 2020 diversi individui di orso hanno frequentato i territori in questione, attirati dalle abbondanti sostanze trofiche disponibili.
Curiosità: L'Orso ha udito ed olfatto molto sviluppati che lo aiutano nella ricerca del cibo. A differenza dell'olfatto e dell'udito, la vista è invece piuttosto mediocre. Il verso dell'Orso si chiama ruglio.
Note: Il periodo autunnale è definito di "iperfagia pre-letargica", momento dell'anno in cui gli orsi vagano spasmodicamente alla ricerca di cibo, tendendo ad alimentarsi il più possibile e a prendere molto peso. Ai primi freddi, infatti, quando le risorse alimentari cominciano a scarseggiare, gli orsi vanno alla ricerca di una tana, un rifugio asciutto e sicuro dove trascorrere l'inverno. Nella tana l'Orso cade in "ibernazione", una sorta di letargo che gli consente di far fronte alle basse temperature e alla mancanza di cibo. Non si tratta di un letargo vero e proprio: nonostante il metabolismo crolli a valori basali, a differenza di altre specie, gli orsi mantengono un buon grado di reattività agli stimoli esterni e possono addirittura uscire fuori dalla tana, in alcune belle giornate invernali. In questo periodo comunque gli individui non si alimentano e sopravvivono grazie al grasso accumulato in autunno, che funziona sia come riserva energetica che da isolante termico.